Mi ha personalmente informato che questa storia è divisa in parti . . . ma non vi dirò quante, ahahah :3
Ecco la prima *^*
FALLEN ANGEL
(prima parte)
Questa è la storia di un demone,
che un giorno decise di divertirsi . . .
Si stava annoiando. Enormemente.
Non vedeva più una fine alla sua noia.
Il ritmo sempre uguale dei giorni.
Quanto tempo era passato dall’ultima
volta che si era divertito?
Troppo.
Fu per questa ragione che decise di
sperimentare un nuovo tipo di divertimento.
Era un’idea folle.
Radunò dunque ogni suo bene, ogni suo
risparmio ed ogni sua energia, allo scopo di realizzare il progetto
che, finalmente, l’avrebbe destato dalla sua eterna noia.
Tutti gli esseri umani sono spinti dal
bisogno di certezze, non è così?
Perfetto.
Il suo . . . come dire . . . gioco, si
basava appunto su certezze.
Che allora vengano avanti, i giocatori.
Ma ricordate: per chi si arrende, è un
game over.
- - -
:-Ti prego Jesse, ti prego!.- urlò
quella scimmietta della mia sorellina.
:-Ho detto di no! E’ mio, e me lo
tengo io!- ribattei, giusto per farla arrabbiare.
L’oggetto della disputa di oggi era
l’orsetto di peluche della scatola dei cereali, che trovai a
galleggiare nel latte della mia tazza a colazione.
:-Eddai! Tu sei grande, puoi benissimo
stare senza! Ti preeeego!-
:-Non importa! E poi . . . guardalo, sembra
un topo morto-
Lo avvicinai al viso di mia sorella,
tenendolo sul palmo della mano.
Lei arretrò un po’ col volto, quel
tanto per squadrarlo da cima a fondo e constatare in effetti la sua
ben poca bellezza.
:-Va bene . . . tientelo pure, quel
topaccio disgustoso. Io ho Angel.- disse, quasi urlando, mentre
correva su per le scale. La guardai sparire in camera sua, quasi
malinconicamente.
:- Angel, eh . . . - sussurrai.
Angel era la nuova compagna di papà,
una tizia tutta fitness e yoga, che trattava me e mia sorella come
bambole.
Però, mentre a quest’ultima piaceva,
a me stava sulle scatole in una maniera assurda. Chi sei tu, per
decidere come devo stare in casa o come vestirmi, eh?
Le venne uno scatto d’ira improvvisa,
seguito da un pianto rabbioso.
:-Prima mio padre, la casa, i gioielli
di mamma . . . ed ora mia sorella . . . tutto, quella si sta portando via
tutto . . . -
Uscì.
Non le andava di stare ancora a
piangersi addosso.
Che si fotta, quella brutta stupida.
:-Angeel, mi pettini i
capelli? . . . Angeel, cosa c’è per cena? . . . Angeel, giochi con me?-
disse, scimmiottando sua sorella, mentre pensava a quel “Io ho
Angel” che l’aveva fatta indispettire.
Stava ancora pensando a quel discorso,
quando vide in una bacheca vecchia e malridotta un volantino
giallognolo che stava per scollarsi e cadere nella polvere della
strada. Di istinto, senza pensarci, lo prese in mano e lesse ad alta
voce:
“Se sei in difficoltà e non sai
come uscirne, partecipa al concorso che fa per te, chiamando il:
3245678195
oppure: 3365786158
N.B.:
Chiunque chiamerà, sarà subito
ricevuto.
Astenersi perditempo.”
Rimase interdetta davanti alla prima
scritta.
“Se sei in difficoltà e non sai
come uscirne . . . ”
Pensò a lungo a quale potesse essere
il significato di quel volantino.
Un concorso? E di cosa?
Storse la bocca, indecisa se chiamare o
meno il numero.
Beh, forse se avesse vinto quel
concorso, qualunque cosa fosse . . . Angel e papà si sarebbero lasciati.
Era allettante come idea.
Tutto sarebbe tornato come prima.
:-Sì . . . come prima- sussurrò.
Una lacrima le cadde silenziosamente
sull’asfalto.
Corse verso casa, felice.
Aveva nella borsetta il volantino, ma
si era scordata di portarsi dietro il telefonino.
“Proprio il giorno che . . . disdetta”
pensò strizzando le palpebre.
Era arrivata ormai alla staccionata del
suo giardino, quando le si parò davanti l’immagine della Mercedes
di quella dannata, parcheggiata davanti al vialetto.
Girò la testa verso casa. Dall’interno
sentiva la risata argentina della sorella, scatenata senza ombra di
dubbio da un nuovo giocattolo portatole da . . .
:- . . . Angel. E’ UNA PERSECUZIONE!-
gridò.
Proprio in quel momento vide la donna
uscire sorridente da casa, mentre agitava la mano verso suo padre che
teneva in braccio sua sorella sorridente.
Si nascose in fretta dietro al cipresso
che le stava accanto.
Quella maledetta non doveva vederla.
Mai Più.
La macchina aveva appena svoltato
l’angolo della via, quando lei si decise di tornare a casa. Varcò
la soglia, con nonchalance. Nella sua testa, invece, scoppiavano urla
di rabbia. Suo padre era in salotto sulla poltrona a leggere.
Probabilmente sua sorella era in camera col nuovo giocattolino . . .
Si mosse velocemente verso l’armadietto
dove nascondeva il cellulare dalle mani della pestifera bimba, in
modo da non farsi sentire o vedere. Proprio mentre aveva infilato
l’arnese nella tasca del giubbotto, sentì la voce del padre dal
salotto che la chiamava. Sobbalzò, pronta senz’altro a qualche
sgridata.
:- Sì, papà? . . . -
Suo padre la guardò con uno strano
sorriso sul volto.
:- Jesse . . . ho una buona notizia . . . -
Si alzò dalla poltrona, e le venne
incontro. La ragazza si scansò.
:- Cosa?-
:- Beh, vedi io . . . io ed Angel . . . -
:- Tu ed Angel . . . ? Vi lasciate? Era
ora, papà.-
Fece un sorrisetto perfido, tanto per
accompagnare la freddezza delle sue parole.
In realtà, dentro sé, stava tremando.
Suo padre sospirò, rivolgendo gli
occhi al cielo
:- No, Jesse . . . so quanto lei ti stia
antipatica, ma devi accettarla . . . -
La ragazza si scurì in volto
:- No, io non la accetto! Lei
ha . . . ha . . . sostituito mamma!- urlò, trattenendo le lacrime.
L’uomo incrociò le braccia e
aggrottò le sopracciglia
:- Non ti permettere di dire queste
cose di lei.-
:- E invece sì!! Io . . . -
:- Io e Angel ci sposiamo. Tutto qui-
la interruppe lui.
Jesse rimase a bocca aperta. Gli occhi
lucidi e le mani tremanti.
Ci fu silenzio per un po’. Poi la
ragazza si decise a dir qualcosa
:- Quando . . . ?- sussurrò.
:- Ad aprile, fra 2 mesi. Il
21.-rispose suo padre, con tono distaccato.
:- Bene. Almeno adesso so quanto tempo
ho per rimediare . . . -
:- Uh?-
:- Niente . . . fai quel che ti pare, tanto
è sempre quello che fai! Però poi non venir a lamentarti se le cose
tra te e quella schifosa . . . -
:-Jesse!-
:- Sì, schifosa! . . . insomma, se le cose
peggioreranno!- urlò, voltandosi e correndo verso la porta :- . . . e se
non avrai più una figlia che ti vuole veramente bene!-
Uscì, sempre correndo, mentre sentiva
le grida disperate di suo padre.
Ormai niente aveva più importanza.
L’unica certezza, il cellulare
stretto nella sua mano e il foglietto giallo nella borsa, che le
prometteva un felice e lieto fine . . .
(continua . . . )
Vostra,
Lyka.
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