Ecco qui la terza parte del racconto della nostra Hinodeeee *^*
Mi avvio verso casa. La strada è sempre quella. Giù
per via Francesco Crispi, fino a Via del Babuino, svolta a viale
fontanella, Via Adelaide e guarda a destra. Un piccolo buco nel centro
città. Salgo le scale, saluto mamma, mi chiudo in camera. Mi tolgo i
vestiti sudici per la sudata. C'è un sole che spacca le pietre.
Mi guardo allo specchio. Una ragazza bassa, scheletrica,
insignificante. Lunghi capelli rossi, grandi occhi rosa. Non sto
scherzando. Sì, sono rosa. Carnagione cadaverica e lentiggini manco a
pagarle. Zigomi sporgenti, labbra a cuore, fossette che spuntano nei
miei radi sorrisi. Viso a punta, naso all'insù. Collo magrissimo. Seno
meno di zero. Una prima scarsa. Gambe corte, busto corto. Arrivo a
malapena al metro e cinquanta. Si, sono nana. Molto nana. Ma non mi
dispiace il mio "essere piccola" anzi. A volte risulta molto utile.
Sgattaiolare via nel mio nulla. E sparire. Insomma. A volte quelli
chiamati difetti possono risultare utili. Un'altra cosa positiva è che è
quasi impossibile che io trovi un ragazzo più basso di me. Le arpie sono citate nell'Odissea di Omero (libro XX): in una preghiera ad Artemide Penelope ne parla come di procelle e ricorda che rapirono le figlie di Pandareo per asservirle alle Erinni. Esiodo parla di due arpie, Aello e Ocipete, figlie di Taumante ed Elettra; di esse dice che avessero una magnifica capigliatura e che fossero potenti nel volo.
Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio (libro III) le arpie, per ordine di Hera, perseguitano il re e indovino cieco Fineo, portandogli via le pietanze dalla tavola e sporcandogliela.
Non c'è scritto bene cosa sono, come si manifestino.
Vostra,
Hinode.
*Un frullio d'ali, una bianca piuma*
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